Del delitto furono accusati uomini appartenenti alla famiglia del boss Rosario Riccobono, tra i quali Gaspare Mutolo. Le indagini furono affidate al giudice Paolo Borsellino

Siamo a Palermo. Angelo Randazzo è il proprietario di un noto laboratorio fotografico che era stato più volte oggetto di minacce ed estorsione da parte delle famiglie mafiose della città. Randazzo si rivolge alla Polizia, che predispone un piano per catturare gli estortori. Dopo diversi appostamenti, tutti andati a vuoto per la particolare cautela adoperata dai mafiosi, l’ultimo appuntamento è previsto per le ore 21,30 del giorno 2 luglio 1975, davanti alla Chiesa della Resurrezione nel quartiere “Villaggio Ruffini”. L’area è circondata da agenti e sottufficiali in borghese e un furgone civetta è posteggiato a una qualche decina di metri dal luogo dell’appuntamento. L’agente Cappiello si trova all’interno dell’auto dell’imprenditore, nascosto. A lui il compito di proteggerlo durante la consegna del denaro per poter fare intervenire i colleghi appostati. L’auto di Randazzo raggiunge la chiesa. Michele Micalizzi è sotto i portici a monitorare l’azione. All’arrivo dell’auto, Rosario Riccobono e Salvatore Micalizzi sbucano da alcuni cespugli accanto al muretto della tenuta di mister Cucullo. Randazzo esce dall’auto con la borsa in mano. All’improvviso, Cappiello esce dall’auto e grida “Fermi tutti!!!”. Riccobono e Micalizzi aprirono immediatamente il fuoco. Gli altri agenti intervengono. Micalizzi e Riccobono si riparano dietro al muretto, continuando a sparare, e fuggono disperdendosi nella tenuta di mister Cucullo. Cappiello è raggiunto da cinque colpi al petto. Angelo Randazzo è raggiunto da un proiettile alla bocca che, dopo avegli rotto diversi denti, usce dalla parte opposta. Per Gaetano Cappiello, non c’è nulla da fare. Muore poco dopo all’ospedale di Villa Sofia, tra le braccia del capo della Squadra Mobile di Palermo, Bruno Contrada. Del delitto furono accusati uomini appartenenti alla famiglia del boss Rosario Riccobono, tra i quali Gaspare Mutolo. Le indagini furono affidate al giudice Paolo Borsellino.

Gaetano Cappiello era nato nel 1947. Prestava servizio alla Squadra Mobile della Questura di Palermo. Lasciò la moglie e un figlio in tenera età.

Guardia di Pubblica Sicurezza addetto alla Squadra Investigativa, volontariamente ed insistentemente si offriva di partecipare a rischioso servizio per la cattura di pericolosi malviventi, autori di tentata estorsione, con il compito di agire, di sorpresa dall’autovettura della vittima. Nel corso dell’operazione, spinto da generoso impulso e insigne coraggio, non esitava ad affrontare i due malfattori, armati e travisati, avvicinarsi all’autovettura, nel tentativo di ridurli all’impotenza e di assicurarli alla giustizia durante l’azione veniva, però, colpito a morte da numerosi colpi di arma da fuoco. Il suo ardimentoso intervento costringeva i malviventi a desistere dall’azione criminosa. Ammirevole esempio di attaccamento al dovere e di consapevole sprezzo del pericolo.

Motivazione della medaglia d’argento al valore civile alla memoria con cui fu insignito Gaetano Cappiello – Palermo, 2 luglio 1975

Roberto Greco per referencepost.it