Le mafie, Castelli di sabbiaLe mafie, Castelli di sabbia

Banale, comune, sino a essere costruito come ricordo personale edulcorato da dettagli inesistenti e collaborazioni solo agognate. Io, non penso di essere andato oltre un ammasso informe non meglio identificabile, come molti di quelli che mi stanno leggendo. Nonostante questo, il sogno romantico si rende ulteriormente addolcito da un fuggente ricordo, quello di una vecchia canzone degli anni ’60. La cantava Nino Fidenco e si intitolava “Legata ad un granello di sabbia”. È di sabbia, che stiamo parlando, quella con cui, sul bagnasciuga, nella nostra infanzia, forse, abbiamo costruito castelli di sabbia. La rendevamo compatta con l’acqua del mare. Sembravano indistruttibili e forse anche Vito Ciancimino lo pensava quando, per far abbattere i costi di realizzazione dei nuovi e superaccessoriati palazzi in vetro e cemento (depotenziato) propose di usare la sabbia del mare. Costava meno di quella delle cave e avrebbe consentito un maggior margine di guadagno. Fece così costruire la nuova Palermo, quella che si sviluppa attorno a viale Strasburgo. Fece costruire un quartiere di castelli di sabbia nel quale, i palazzi, giorno dopo giorno, vengono erosi dall’interno, dalle stesse strutture che lo dovrebbero fortificare. Il sale contenuto nella sabbia del mare, con certosina pazienza, erode quello che lo circonda soprattutto se si tratta di materiali ferrosi posizionati, originariamente, per rinforzare la struttura. Secchiello, paletta, acqua di mare e sabbia. Sono questi gli attrezzi del costruttore balneare. Il secchiello fu sostituito da camion che fecero la spola dalla battigia a est di Palermo sino ai cantieri edili. La paletta fu sostituita da un peschereccio, già avvezzo a operazioni di dragaggio del mare per precedenti esperienze nella ricerca e il recupero di esplosivi e altri materiali bellici che, dopo la seconda guerra mondiale, erano depositati sul fondo. E così, il simbolo dei sogni, il castello di sabbia, diventa il simbolo di un sogno distrutto dal malgoverno, dalla criminalità mafiosa, dalla collusione e dall’ignavia.

Ma la sabbia, fortunatamente, non serve solo per costruire castelli. La sabbia può essere un materiale compatto, sicuro, che protegge. Mettetela dentro un sacchetto di iuta. Comprimetela e scoprirete che il sacchetto ha sempre spazio per altri granelli di sabbia. Tutti assieme, compatti, i granelli diventano qualcosa di più grande, di più significato. E dopo aver costruito il vostro, mostratelo al vostro vicino. Anche lui potrà costruire il suo sacchetto di sabbia e così ognuno di noi. C’è bisogno di una nuova trincea. Siamo in presenza di una enorme quantità di problemi sociali che si affacciano quotidianamente a noi. Immigrazione, povertà, analfabetismo culturale, crisi economiche, disoccupazione, mancanza di strutture abitative, governi coercitivi. Questo è solo un parziale elenco cui dovremmo aggiungere il cambiamento climatico e le folli corse al nucleare e al suo uso. Tutto questo, nel nostro quotidiano, bersaglia quella che avremmo voluto fosse, semplicemente, una “vita comune”, con i suoi alti e i suoi bassi. Ma tutto ciò dopo averci bersagliato, ci condiziona, muta il nostro pensiero e, soprattutto, ci fa perdere di vista l’unico vero bersaglio cui dovremmo mirare. Immigrazione, povertà, analfabetismo culturale, crisi economiche, disoccupazione, mancanza di strutture abitative, governi coercitivi, cambiamento climatico e folli corse al nucleare, hanno un unico denominatore comune: le MAFIE. Stiamo perdendo di vista l’obiettivo principale, travolti da piccoli gregari, anche inconsapevoli, di un gioco più grande. Uno di quei giochi in cui, chi costruisce le armi le vende a chi le usa per reprimere e creare un mercato di schiavi che lo stesso costruttore di armi, attraverso la filiera della sua organizzazione, costringerà a fuggire dai luoghi d’origine devastati dalle guerre o dai disastri ambientali dovuti allo sfruttamento sfrenato del pianeta. E gli stessi venditori di armi condizionano i mercati finanziari, essendo spesso “ago della bilancia” di un delicato sistema d’interessi. Quegli stessi mercati finanziari che costringono i governi a scelte scellerate. E tutta la filiera è attraversata da un unico fiume, quello del denaro, l’unico fiume cui le mafie, da sempre, hanno bevuto. Come ipotizzato dal dottor Falcone nel suo “Cose di cosa nostra” del 1991, il planetario delle mafie è oramai completo. Si tratta di un sistema complesso in cui ognuna delle organizzazioni è circondata dai suoi satelliti, a volte condivisi con altri pianeti. Cosa Nostra, la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita, le mafie albanesi, quelle rumene, quelle di origine russa, quelle provenienti dall’oriente, quelle africane. I loro interessi, sempre più spesso, coincidono e ogni organizzazione, quindi un pianeta, si occupa di un settore e di mantenere il “controllo del territorio” attraverso le forme di consenso che, tradizionalmente, le mafie hanno avuto. Stiamo perdendo di vista l’obiettivo vero. Tutte le problematiche sociali che oggi attraversano la nostra vita sono “armi di distrazione di massa” e ci sarà, sempre, bisogno dei sacchetti di sabbia. Uno di fianco all’altro, a costruire una vera trincea contro le mafie. Con un obiettivo finale: poter, un giorno, svuotare tutti quei sacchetti e costruire il più grande castello di sabbia che sia mai stato possibile sognare.

Roberto Greco per referencepost.it