Il 7 maggio, nella prestigiosa cornice di Palazzo Valentini a Roma, è stato presentato il nuovo libro “Degenerati” di Gino Pantaleone.

L’opera di Pantaleone raccoglie le evidenze delle persecuzioni subite dagli artisti – scrittori, musicisti, pittori – in ogni continente nell’ultimo secolo. Il titolo stesso, “Degenerati” ricalca la catalogazione che il Nazismo aveva attribuito a tutti gli artisti che non erano allineati alle ideologie del regime.

Più che un libro, quello che ha presentato Gino Pantaleone, è un “trattato” sulla libertà di espressione e di pensiero che è temutissima da tutte le dittature di destra o di sinistra senza alcuna distinzione di ideologia o indirizzo politico; ma semplicemente la soppressione della libertà, se non è funzionale pienamente al regime temporaneo dominante.

Questo succede perché chiunque ha usato la violenza per arrivare al potere, deve poi necessariamente utilizzare la violenza per mantenere il potere. Questo è sempre successo ovunque nel mondo, dovunque si sia instaurata una dittatura. E non si possono fare sconti neanche a quei sodali che hanno contribuito all’instaurazione del nuovo potere dittatoriale: se questi non sono perfettamente allineati (o totalmente soggiogati) al potere saranno comunque perseguitati.

Durante il nazismo in Germania, il fascismo in Italia, ma anche a Cuba dopo la presa del potere di Fidel Castro.

Perché, purtroppo, questa censura del libero pensiero, delle idee e delle posizioni non allineate perfettamente al pensiero dominante, vengono censurate anche ai giorni nostri nelle democrazie europee, che sono tra le più evolute al mondo. 

Ad esempio, nel gennaio del 2008, Papa Benedetto XVI fu invitato a tenere un discorso all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università La Sapienza di Roma. Tuttavia, la sua visita fu annullata a causa delle proteste di alcuni docenti e studenti dell’ateneo che contestavano le posizioni del Papa su diverse questioni, tra cui la laicità dello Stato e il rapporto tra scienza e fede, impedendo di fatto al Santo Padre di parlare.

La vera libertà, la democrazia, è quella che permette a tutti di esprimere la propria opinione anche se non condivisa, anche se in contrasto con il pensiero prevalente in quel momento perché proprio dalle critiche o dalle idee diverse da quelle imperanti si realizza la crescita sociale.

Il vero intellettuale è chi recupera il valore della congiunzione diacronica passato-presente-futuro; chi non rinuncia alla centralità delle proprie radici culturali, chi ha piena consapevolezza della contemporaneità, chi coltiva una visione prospettica, chi è libero di esprimere consenso e dissenso senza il condizionamento, implicito ed esplicito, dei governanti di turno.

Ma anche chi comprende che l’alimentazione del “politicamente corretto”, specie se a senso unico, genera mostruosità narrative come per esempio la “cancel culture”, incoraggia posture asfittiche, poiché costrette a rimanere dentro il recinto ristretto di rimasugli e rigurgiti post-ideologici e di contrapposizioni manichee ed anacronistiche su questioni datate e soprattutto non in linea con i veri principi ispiratori delle opinioni pubbliche, piuttosto di sostenitori occasionali, volutivi, che basano la loro opinione sulla “moda” imperante e non su solide e motivate convinzioni.

Per queste ragioni è necessario superare i limiti strutturali del modus operandi di molti intellettuali “postmoderni”, i quali sembrano più interessati a inseguire il senso comune della collettività mediatizzata, che a sciogliere i veri nodi interpretativi creatisi a fronte dei grandi temi del nostro tempo.

Le realtà descritte e magistralmente documentate nel “trattato” di Gino Pantaleone possono contribuire a comprendere come si formano queste opinioni e correnti di pensiero e quindi valutare se si tratta di libero pensiero oppure di “allineamento del pensiero”.

Per queste ragioni il libro di Gino Pantaleone dovrebbe essere adottato nelle scuole superiori, per far capire ai giovani come si possa arrivare alla “repressione del libero pensiero” anche inconsciamente, anche senza avere l’intenzione di reprimere il pensiero altrui; ma spesso facendola passare per affermazione di libertà, utilizzando però gli stessi strumenti delle dittature più violente e aggressive.

Ciro Maddaloni