di Giuseppe Murano

La maggior parte delle pellicole che visioniamo finiscono nel nostro dimenticatoio quasi subito perché vacue, superficiali, oppure perché sono la copia orrenda di qualche classico che non ci ha neppure convinto appieno. Sleepers non è uno di questi. Non passa di certo inosservato un film con Brad Pitt e Robert De Niro e dimenticarsi le scene di quel film è escluso. Dopo un’attenta visione e un’acuta analisi della storia, ciò che mi ha colpito più di ogni altra cosa e ha destato in me un certo turbamento interiore, è il titolo: Sleepers, apparentemente sconnesso dalla trama, ma più che coerente e giusto perché mutevole nei suoi significati, a seconda dell’interpretazione traslucida personale.

La prima analisi, quella più superficiale e banale del significato del titolo del film: “Dormienti”, ci induce a pensare che esso sia legato al fatto che i protagonisti, dopo essere stati abusati sessualmente da bambini, in un carcere minorile, abbiano dovuto aspettare molti anni, prima di vendicarsi dei colpevoli. Dunque, la loro anima era quiete e dormiente, non morta, in attesa che il momento propizio potesse giungere. Ma questa non può essere la spiegazione finale: fermarsi qui è come festeggiare il proprio compleanno senza la torta e le candeline…manca qualcosa. Lo leggo nei loro sguardi, negli occhi lucidi e ancora fanciulli di John, strappato troppo presto alla sua infanzia pura, divenuta sporca e corrotta, figlia dei mali più infimi di questa società. I suoi occhi celesti, color cielo, ancora in balia della forte burrasca interiore che lo attanaglia in un limbo tra passato indimenticabile e futuro da non percorrere perché senza prospettive alcune; abbastanza uomo da essere rassegnato, abbastanza fanciullo da essere emozionato davanti al suo aguzzino, ma troppo umano per non essere arrabbiato e rancoroso verso colui che ha trasformato quegli occhi celesti e puri, in un cobalto raro delle profondità marine. La stessa anima inabissata è quella di Michael, il quale ha rischiato di mandare in carcere i suoi fratelli di ‘sangue’ pur di ottenere giustizia, pur di far emergere la verità sconcertante che da troppo tempo era stata seppellita. L’unico che sia riuscito a combinare qualcosa nella sua vita lavorativa, insieme a Shakes, vero protagonista del film e narratore della storia. Michael diventa un avvocato, forse per passione, magari per uno scherzo del destino o, più probabilmente, per farsi giustizia…a modo suo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato e la legge, se usata a dovere, poteva permettergli quantomeno la vittoria finale su quei farabutti. Giustizia…la stessa che voleva Shakes che ha appoggiato fin da subito l’idea di Michael perché sapeva, in cuor suo, che la strategia del suo amico dai capelli biondi, di nascondere l’assassinio di Sean Nokes commesso dai loro stessi amici Tommy e John, fosse giusta. Michael doveva solo difendere la controparte, risultando convincente ma, al momento giusto, perdere di brutto alla sbarra contro lo stesso prete che lo aveva cresciuto, Padre Bobby. Shakes e Micheal cercavano la giustizia, John e Tommy la vendetta. E se c’è una cosa che questo film mi ha insegnato, è che la differenza tra i due aspetti è labile, un filo poco visibile li separa e, spesso, si spezza senza fare rumore. Che sia il primo caso o il secondo, quei ragazzi erano legati dallo stesso fortissimo vincolo: erano dei dormienti. I loro sentimenti, le loro emozioni erano represse come fogli bianchi, accartocciati, in attesa di essere rispiegati, il loro cuore batteva ancora, ma era intrappolato in una spessa lastra di ghiaccio. Tutti loro vedevano ancora i mostri del passato e per alcuni l’intera esistenza ne è stata condizionata: furti, rapine, omicidi plurimi e malavita. Shakes vive anche di notte…specialmente di notte. Si chiamano Sleepers ma nel film non li abbiamo mai visti dormire…perché soffrono tutti d’insonnia. “Dormi ancora con la luce accesa, eh Shakes?” Una delle frasi pronunciate da Michael che mi è rimasta più impressa (forse la constatazione decisiva che ha portato Shakes ad allearsi con Mike). Allora perché Sleepers, perché questo titolo così bizzarro in un ecosistema di impurità così ampio e sconfinato? Scavando più a fondo, ho capito che gli Sleepers sono i sentimenti, le loro emozioni più nascoste, le loro strazianti grida, intrappolate in rantolanti suoni, repressi, nascosti nella loro anima, che piange lacrime silenti, dormienti. Dormienti come la rabbia che arde, come un fuoco perenne alimentato dalla pagliuzza dell’odio e della vendetta, o da altra legna di giustizia e verità. Ciò che dorme non è morto ancora e può sempre risvegliarsi, anche se solo per un breve periodo, come nel film.

Panta rei, direbbe Eraclito. La vita è in continuo divenire e gli esseri umani in continuo mutamento, anche se apparentemente immobili, fermi. Non ce ne accorgiamo per involontaria ingenuità o per voluta astrazione dalla realtà, ma che ci piaccia o meno, tutto ciò che tocchiamo, che guardiamo o assaporiamo ci cambia: in meglio o in peggio dipende dalle circostanze e, molto spesso, da noi. Siamo oggetti fissi e soggetti snodabili, frutto delle nostre idee e delle nostre emozioni. L’astratto nel concreto e viceversa, che si mescola in un qualcosa di inspiegabile e, a tratti, sconosciuto allo stesso occhio umano. La mutazione dall’ominide all’uomo di oggi è stata sia fisica che mentale: di sicuro noi siamo a conoscenza dei cambiamenti che sono avvenuti in ordine neurologico, ma i processi che hanno portato a questi risultati strabilianti hanno, a mio modo di vedere, una diversa connotazione da quella meramente scientifica. Siamo ciò che pensiamo… ribaltando, se ci è concesso, la visione di Cartesio.

E quindi: Sumus quod cogitamus, perché l’esterno influisce sull’interno, che a sua volta dona al mondo esterno flussi negativi o positivi di coscienza umana che, incessantemente, si insidiano in altri individui, mutando la loro forma in un continuo circolo del divenire.

Non ho solo visto questo film, l’ho avvertito. Ne ho avvertito i suoni, le sensazioni, gli influssi, i flussi di coscienza. Sono giunti a destinazione, provocando in me proprio uno Shakes, un turbamento interiore che ha avuto però effetti positivi. Credo che non ci possa essere davvero un finale conclusivo per questo film, perché sarebbe in continuo mutamento, in una combinazione di idee, come le scale di Harry Potter. Dunque, questa la considerazione finale: i dormienti non sono i quattro protagonisti, ma gli stessi aguzzini, che per il loro senso di colpa, sfoceranno in un stato dormiente, simile al comatoso, corrosi dalle loro stesse azioni peccaminose. I dormienti, quindi, sono l’astratto e il concreto, come gli influssi che assorbiamo e trasformiamo.  I quattro amici di Hell’s Kitchen hanno subito azioni che sono state trasformate in traumi, ma hanno avuto la loro giustizia. Gli stupratori hanno trasformato il loro piacere in una tormentosa, silente e dormiente realtà, che si è insinuata man mano nella loro mente, rendendoli monchi nel reagire. Si sono svegliati anche loro, ma hanno trovato rimorso e disperazione. Posso dire che di tutti i film, di qualunque genere, che la mia passione per il cinema mi ha indotto a vedere, pochi hanno avuto quel potere magico e inaspettato di stupirmi, di lasciare un segno profondo e forte sulla mia esistenza, di turbare, scuotere la mia prospettiva di vita come questo film.

Dormienti o no, di certo questo film ti fa sgranare gli occhi per quasi tutta la visione e anche dopo. Noi di certo non incontreremo Morfeo.