Si inaugura il 18 Ottobre prossimo la mostra collettiva “L’arte abbraccia il mondo” che si terrà presso la sala Macina di Palazzo Conti Pilo a Capaci e organizzata dall’amministrazione comunale, retta dal sindaco Pietro Puccio. Pittura e scultura riempiranno la “Sala Macina” di Palazzo Conti Pilo a Capaci. Saranno esposte le opere della pittrice Silvia Guarcello e degli scultori Ettore Napoli e Salvatore Valenti. La mostra sarà visitabile fino al 27 Ottobre 2019.

Note sugli artisti:

Silvia Guarcello nasce nel 1961 a Isnello, un paese nel cuore delle Madonie. Inizia precocemente a disegnare e a prendere dimestichezza con i colori, già all’età di tre anni. Prende coscienza realmente delle sue abilità di artista durante gli anni del liceo dove si cimenta, quasi per gioco, a ritrarre compagni e amici, riuscendo a cogliere, sin dai primi lavori, l’espressione più intima del soggetto. Il ritratto rimane sino ad oggi, la sua vocazione più grande. L’artista focalizza la sua attenzione, oltre che sulle caratteristiche fisionomiche del volto, sull’interiorità del soggetto, attraverso espedienti tecnici che ha acquisito da autodidatta e impiegato in maniera magistrale in ogni sua opera. Per Silvia ritrarre è diventato quasi un tratto istintivo, il suo occhio registra ogni dettaglio del soggetto che rappresenta, attraverso dei delicati chiaro scuro e linee raffinate ed eleganti. Silvia indaga e mette in evidenza, con una curiosità ricca di entusiasmo, gli aspetti emozionali più reconditi. Impegnata nella rappresentazione realistica dei suoi personaggi, ritrae volti conosciuti nel mondo del cinema, celebrità ed artisti, in particolare Frida Khalo, la cui vita la vita e il percorso artistico dell’artista messicana ha affascinato Silvia da sempre. Fanno parte della sua produzione anche numerosi disegni che rappresentano bambini di diafana bellezza e putti, ispirandosi più volte alla maestosità delle opere del celebre scultore palermitano Giacomo Serpotta. Magistrale nell’individuare pose naturali e mai artificiose e abile nell’immortalare l’espressione più caratteristica dei volti dei suoi soggetti.

Ettore Napoli, la sua arte è caratterizzata da due pulsioni apparentemente in contrasto tra di loro: l’idealismo di matrice ellenistico-platonica e l’anarchia. L’utopia come luogo dove l’arte non è più alienata ma è ricostruita su basi ugualitarie. E’ prima di tutto necessario effettuare una precisazione, che traggo da un articolo scritto dal critico d’arte Arturo Schwarz : “L’anarchia non è sinonimo di disordine, confusione, arbitrarietà o irresponsabilità (che sono invece connaturali ai sistemi autoritari, ugualmente ostili all’individuo e alla collettività),ma implica un ordine superiore basato sull’armonia e l’amore. L’anarchia è uno stato d’animo. Ogni persona può scoprirlo da sé e per sé nel solo modo possibile, facendo proprio il rifiuto del principio di autorità”. Anarchia come stato d’animo dunque, come introspezione e riscoperta di sé; esattamente come la produzione artistica. Il legame solidissimo tra l’anarchico e l’artista è stato colto dalle più grandi menti (e cuori) dei decenni passati. Famosa è la dichiarazione di Oscar Wilde per cui “La forma di governo che più si associa all’artista è l’assenza di governo”. Il dualismo tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è caratterizza invece la nostra società “schizofrenica” che predica bene e razzola male, colpevole di voler creare “libertà” opprimendo e dicendo di portare pace con la guerra. Questi paradossi che vengono facilmente “digeriti” dalla maggior parte di noi non sfuggono invece all’occhio vigile e ironico di Ettore, le cui frasi lapidarie come “Attenti all’uomo”, smascherano e mettono a nudo la presunta supremazia della razza umana su quella animale, che sembra distinguersi da quest’ultima solo per la crudeltà e per la capacità dello sterminio di massa di sé stessa. I numerosi omaggi a figure leggendarie e concrete come Bakunin, Garibaldi, De Andrè, Jannacci, politici e artisti fanno parte delle proposte di vita, da contrapporre allo squallore dilagante… ancora una volta la teoria e la pratica sintetizzate nel duplice volto (Bakunin e Garibaldi: Libertà?) di Bakunin e Garibaldi. La tenacia, la grande forza di volontà che si contrappongono a una realtà spesso non all’altezza delle aspettative caratterizzano le opere più recenti di Ettore come “Cervello con sedia” e “In sogno”, opere fortemente autobiografiche, eppure universali dove chiunque può specchiarsi. Nonostante le numerose difficoltà che Ettore uomo ha dovuto affrontare e affronta continuamente nella vita, la sua arte non solo non ha subito battute d’arresto, ma si è addirittura arricchita ed evoluta e questo è uno degli aspetti più ammirevoli e sorprendenti dell’arte di Ettore.

Salvatore Valenti nasce a Palermo il 6 giugno 1954 e da alcuni anni vive a Marineo. Autodidatta nel suo percorso artistico, solo da pochi anni si dedica alla scultura di materiali naturali, definendosi per questo uno “scultore vecchio”, ed anche alla scrittura ed alla poesia dialettale. Tra i materiali con i quali ama lavorare, spicca la pietra bianca calcarea della “Cava di Contrada Porcari” nella zona di Noto antica (Sr) un materiale friabile, lucente, particolarmente delicato. Ogni opera misura quaranta centimetri, ed ha una larghezza di circa trenta. Il peso delle opere varia, attestandosi in genere intorno ai trenta chilogrammi, pur variando a seconda del tipo di lavorazione. Le sculture antropomorfe di Salvatore Valenti, ricordano il Mito come potenza evocativa. Pietre lavorate in genere su quattro lati, ma anche a soggetto unico la cui essenza è racchiusa nel binomio cielo/terra che fa da filo conduttore a tutta la produzione dell’Autore, rigorosamente “senza nome”. Il cielo rappresenta le emozioni ed i ricordi personalissimi dell’autore, che prendono forma in visi fantastici, grotteschi, talvolta sofferenti, spesso corredati di una lacrima , segno distintivo di molte opere. Nella produzione ritroviamo anche richiami a valori universali, all’impegno sociale e politico dell’Autore. Quasi una aspirazione, un grido di libertà. Anche da ipocrisie e convenzioni. E poi ancora immagini di vita campestre, il sole, il mare, il duro lavoro rappresentato dalle “mani” motivo ricorrente delle sculture. E poi il richiamo alla propria Terra. Tutto questo è l’opera di Salvatore Valenti che trova la sua sintesi nell’utilizzo della pietra calcarea di Noto. Eterea, bianca. Lucente.