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Comunicato stampa

In the Last Days of the City (Akher Ayam al Madina)

di Tamer El Said (Egitto, Germania, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, 2016, 118’)

Con: Khalid Abdalla, Laila Samy, Hanan Youssef, Maryam Saleh, Hayder Helo

Produzione: Zero Production, Sunny Land Film, Mengamuk Films, Autonomous

 

Nel 2009 il regime instaurato da Osni Mubarak inizia a mostrare le prime crepe dinanzi alle manifestazioni di piazza. Immerso nello splendore in decadenza del Cairo, Khalid, regista trentacinquenne, lotta per realizzare un film che catturi l’anima della sua città in un momento in cui i suoi sogni, così come gli edifici e i palazzi, sembrando sbriciolarsi intorno a lui. Grazie al confronto con alcuni amici e colleghi che stanno girando film sulle città in cui vivono (Beirut, Baghdad e Berlino), Khalid trova la forza di andare avanti, tra difficoltà e bellezza di vivere “negli ultimi giorni della città”. Dopo una lunga gestazione (250 ore di girato tra il 2008 e il 2010, ridotte a due nella versione definitiva), Tamer El Said compone un requiem di odio/amore per una città in dissoluzione, che è anche una riflessione sul ruolo del cinema. Protagonista e co-produttore Khalid Abdalla (United 93, Green Zone, Il cacciatore di aquiloni) che è stato parte attiva delle dimostrazioni e che qui assume il ruolo di alter ego del regista. Un’opera libera in cui i modi del documentario si fondono inestricabilmente al cinema di finzione, fino a dissolvere ogni distinzione di linguaggio.

 

TAMER EL SAID

Regista indipendente egiziano, studia giornalismo presso l’Università del Cairo e consegue il diploma in regia nel 2002. Lavora come aiuto regista in alcuni dei grandi film egiziani, realizza spot e lavora come produttore per varie compagnie di produzione. Tra il 1994 e il 2004 scrive, produce e dirige corti e documentari che ricevono importanti riconoscimenti, tra cui On a Monday (2004) e Take Me (2004). Nel 2007 fonda la Zero Production, che supporta i filmmaker indipendenti del Cairo. Nel 2008 inizia a lavorare al suo primo lungometraggio In the Last Days of the City. Il film è presentato con successo nella sezione Forum della Berlinale 2016 (dove si aggiudica il Caligari Film Award) ed è in concorso alla 52ª Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.

 

Corniche Kennedy (Corniche Kennedy)

di Dominique Cabrera (Francia 2016, 94’)

Sceneggiatura: Dominique Cabrera, tratta dall’omonimo romanzo di Maylis de Kerangal

Con: Lola Creton, Kamel Kadri, Aïssa Maïga, Moussa Maaskri, Cyril Brunet, Hamza Baggour.

Produzione: Centre National de la Cinématographie (CNC), Everybody on the Deck

Distribuzione Italia: Kitchenfilm

 

La Corniche Kennedy è uno stradone che costeggia il lungomare di Marsiglia, un lungo cornicione sospeso tra cielo e mare. Durante l’estate un gruppo di ragazzi dei quartieri popolari s’impadronisce del muro roccioso e lo usa come trampolino di lancio per sfidare la sorte e tuffarsi dall’alto nell’acqua fredda. Un giorno Suzanne, adolescente inquieta della Marsiglia più agiata, si unisce al gruppo e stringe un forte legame con due ragazzi di origine magrebina. Per lei è come un richiamo carnale che le risveglia i sensi, un inno ribelle che sa di libertà.

Dominique Cabrera mette in pratica la sua esperienza da documentarista per osservare le dinamiche di certi adolescenti che dai margini della società cercano una personale riconquista del mondo con fierezza e incoscienza. Con sguardo paritario e mai paternalista la regista descrive i suoi personaggi attraverso una rappresentazione quasi tattile delle azioni: la macchina da presa indugia sui dettagli dei corpi tesi e sulle espressioni fugaci dei volti, le chiacchiere tra i giovani sono quasi un ornamento alla purezza dei gesti. Corniche Kennedy è un film vitale e sensoriale in grado di trasmettere la febbre che accompagna un salto nel vuoto, il fremito erotico di un bacio trafugato, il peso esplosivo delle emozioni capace di fermare il cuore e spezzare il fiato, fino a sconfiggere ogni paura.

 

DOMINIQUE CABRERA

Nata a Ighil Izane, in Algeria, in una famiglia francese “pied- noir” costretta a rimpatriare nel 1962, frequenta l’IDHEC e successivamente i film che realizza la fanno conoscere per lo sguardo particolare che rivolge alla vita sociale delle periferie, Chronique d’une banlieue ordinaire e Une poste à La Courneuve. Nel suo terzo lavoro Rester là-bas, evidenzia i legami che tuttora esistono fra la Francia e l’Algeria. Nel 1995 realizza Demain et encore demain, saggio autobiografico, giornale intimo di una cineasta condivisa fra angoscia e felicità di vivere. Il film ottiene la distribuzione in sala e per lei rappresenta una svolta. Da lì in poi si dedica alle opere di fiction ma sempre inspirate da esperienze documentarie, utilizzando spesso interpreti non professionisti presi dalla vita reale. Il suo primo lungometraggio è L’Autre côté de la mer (1996), presentato a Cannes e selezionato per i Césars. Anche Nadia et les hippopotames (1999) partecipa al Festival di Cannes nella sezione Un certain regard. Nel 2001 gira Le Lait de la tendresse humaine. Il film è accolto calorosamente dalla critica e gli interpreti (Patrick Bruel, Maryline Canto, Valeria Bruni-Tedeschi, Olivier Gourmet e Yolande Moreau) ricevono un premio per la loro interpretazione collettiva al Festival di Locarno. Folle embellie (2004) è presentato alla Berlinale dove vince il premio della Giuria ecumenica. Nel 2013 dirige Grandir, secondo lungometraggio autobiografico, e nel 2015 gira l’adattamento del romanzo di Maylis de Kerangal, Corniche Kennedy.

 

London kills me

di Hanif Kureishi (Regno Unito 1991, 107’)

Sceneggiatura: Hanif Kureishi

Con: Justin Chadwick, Fiona Shaw, Brad Dourif, Nick Dunning, Naveen Andrews

Il giovane Clint è un piccolo spacciatore londinese, ma vorrebbe cambiar vita e lavoro. Gli offrono un posto di cameriere, ma deve procurarsi almeno un paio di scarpe decenti.